Ci sono vari motivi per cui tante donne e tante coppie scelgono di non avere figli e di posticipare il diventare genitori. Spesso i giornali commentano questo fatto, che riguarda ovviamente soprattutto la società occidentale, considerando solo il caso in cui sia una scelta della donna o della coppia. E’ un’interpretazione che appartiene alla nostra cultura quella di considerare che tutto ciò che accade sia frutto di una nostra scelta consapevole e che sia possibile cambiare il dato di realtà con il semplice atto di volontà.
Oggi però vorrei dare voce a chi non sceglie volontariamente di non avere figli e, proprio nel momento in cui inizia a cercarli, si ritrova con una diagnosi di infertilità che non aveva certo messo in programma. Questo dato è fondamentale: alcune donne per malattia pregresse o patologie congenite sono informate della loro non fertilità e, anche se meno spesso, questo accade anche per alcuni uomini. Ma non è sempre così, anzi il più delle volte, la diagnosi di infertilità arriva dopo qualche tempo che la coppia ha iniziato a provare ad avere un figlio. Fin da i primi tentativi di avere una gravidanza c’è il desiderio puro che crea tanta gioia condivisa e che rende ancora più affiatati i due partner. Si prepara il nido, iniziando a immaginare insieme di espandere la famiglia, di coccolare un pargoletto, di diventare genitori. Questa fase è un momento di grande attivazione emotiva, i partner e, soprattutto, la donna iniziano a caricare il desiderio di aspettative in un crescendo di attesa che se va a buon fine si riversa nell’innamoramento per la creatura che arriverà. Quando al contrario passano i mesi senza l’arrivo della gravidanza, la forte attivazione emotiva da gioiosa inizia a connotarsi di ansia e preoccupazione; si rimane in uno stato di forte tensione ma trasformata in emozioni negative.
E’ in quel momento che si pensa ad una valutazione medica. Spesso ci si affida immediatamente al percorso medico (Tecniche di procreazione medicalmente assistita – PMA) convinti e sostenuti dall’idea detta sopra: a tutto si può rimediare, basta volerlo.
Questo passaggio repentino dall’atmosfera di calda e gioiosa attesa emotiva ai freddi ingranaggi della pratica medica senza un tempo per pensare ed elaborare rischia però di essere ulteriormente stressante e traumatica.
Credo fondamentale che la donna e la coppia possano concedersi uno spazio di elaborazione del lutto e confronto con questo nuovo modo di guardare a sé, alla relazione di coppia e al desiderio di un figlio alla luce della consapevolezza di avere un ostacolo più o meno grave. La possibilità di fermarsi e concedersi un tempo per uscire dallo smarrimento della diagnosi e dalla confusione della perdita di certezza è fondamentale per non aumentare ulteriormente la tensione emotiva. E’ necessario creare le condizioni di calma e serenità per cui qualsiasi sarà la decisione, questa sarà sentita come una buona per sé e piena di senso. Solo così è possibile affrontare il cammino diverso da quello immaginato fino ad allora. Nessuno, infatti, si immagina, prima di una diagnosi di infertilità, di non poter diventare genitore.
Se si può contare su un solido legame di coppia, questa sarà una risorsa enorme: prendetevi spazio e tempo per parlare delle sensazioni e delle preoccupazioni ma anche per donarvi affetto e piacere.
Fondamentale è anche l’aiuto psicologico per avere uno spazio di ascolto professionale che vi aiuti a mettere a fuoco le emozioni difficili, ad elaborare il trauma e a riflettere sulla trasformazione del desiderio che avrà un volto nuovo e che è necessario imparare a conoscere.